Le ancore galleggianti

Esiste una ampia letteratura su queste ancore, che sono sostanzialmente un paracadute (agli inizi si usavano dei veri paracaduti dismessi dall'esercito) che frenano la barca mantenendola quasi ferma mentre offre la prua al vento e al mare.

La differenza tra una spera e un'ancora galleggiante è molto grande: una spera lavora per frenare una barca in movimento, un'ancora galleggiante la mantiene praticamente ferma (ovviamente deve avere un minimo movimento per mantenere il paracadute aperto). Inoltre l'ancora galleggiante trattiene una enorme massa d'acqua ed è questa massa che trattiene la barca, mentre la spera lavora creando dell'attrito con l'acqua, essendo in movimento rapido. (Nella figura un'ancora Fiorentino, California)

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Molti giurano che questo metodo sia il migliore per salvarsi da una tempesta. Sicuramente ci sono molti che testimoniano di averle usate con successo, ma altri lamentano la difficoltà nel calarla e nel recuperarla e poi molti non sono convinti che un mare che frange pericolosamete sia possibile prenderlo di prua. Entusiasti utilizzatori dell'ancora galleggiante sono Lin e Larry Pardey che ne parlano diffusamente nel loro libro Storm Tactics Handbook.

Per il fronte dei contrari valga per tutte la testimonianza del Dott. Imre Vadasz, che partecipò alla famosa gara del Fastnet del 1979, dove decine di barche sono andate perse e almeno una quindicina di marinai sono scomparsi:

``La differenza più rilevante tra un navigare in una tempesta ordinaria e una eccezionale sta nella forza delle onde frangenti che sono un pericolo immediato per l'equipaggio e che possono eventualmente compromettere l'integrità strutturale della barca. Mettersi alla cappa o alla cappa secca non era possibile durante il Fastnet; dovevamo correre con gli elementi.

Correndo con il vento e il mare, anche senza alcuna vela, andavamo troppo veloci e andavami in surf sulle creste con pericolo di traversarsi e capovolgersi. Capimmo che avremmo dovuto rallentare la barca in modo da restare in cima all'onda dietro alla cresta frangente.

La mia soluzione improvvisata è stata di trainare quattro sacchi di vele con delle cime. Così la barca ha rallentato a circa due nodi e potevamo tenere il timone verso il mare d'Irlanda con molto mare libero.

La nostra situazione di pericolo imminente cambiò così in una sicura e sostenibile. Tenemmo turni di due ore fino a quando la tempesta si calmò.

Spero di non incontrare mai più un mare simile ma, se succedesse, userei una spera. Nessuno potrebbe persuadermi di calare un'ancora galleggiante e affrontare di prua la potenza di quelle immense onde frangenti.'' (traduzione da Practical Boat Owner, ottobre 2004)

Già anni fa Eric Hiscock nel suo famoso libro Cruising under Sail, letto da generazioni di navigatori inglesi come una Bibbia, affermava che ``la diffusa credenza che un'ancora galleggiante calata di prua possa mantenere la prua al vento è stata tante volte smentita che uno si meraviglia come mai sopravviva. Indipendentemente da quanto grande sia l'ancora probabilmente la barca oscillerà anche se viene issata una vela posteriormente, e seppure potrebbe talvolta portarsi con la prua al vento per qualche momento, ben presto poggierà su un lato o l'altro per offrire il fianco. La barca inoltre indietreggerà producendo grandi sforzi al timone. Sono convinto che se in un qualsiasi tipo normale di barca (salvo le barca a doppia prua tipo il Tilikim di Voss), un'ancora galleggiante va calata per tenere la barca efficacemente con una estremità al vento, che è la sua funzione, deve essere calata di poppa. Così la barca non lotterà contro la sua naturale tendenza di poggiare.''

Giulio Mazzolini 2006-10-17